Il passito è una particolare tipologia di vino ottenuto da uve sottoposte a procedimenti di disidratazione. A differenza dei vini tradizionali, infatti, le uve impiegate nei vini passiti subiscono un processo di appassimento, che consente di ridurre la percentuale di acqua in esse contenute. In questo modo, i passiti conserveranno una maggiore concentrazione di aromi, che si andranno a percepire con forza nel calice.

La vinificazione del passito

Per ottenere un vino passito si rispettano le tradizionali tecniche di vinificazione. L’unica eccezione, come detto, riguarda la disidratazione delle uve. Per ridurre la presenza di acqua negli acini di uva esistono due tecniche:

  • appassimento sulla pianta: il processo di disidratazione avviene prima della vendemmia;
  • appassimento in fruttaio: la disidratazione avviene successivamente alla vendemmia.

In ogni caso, durante queste fasi, il peso delle uve diminuisce di una percentuale che può variare dal 25 al 35% del totale.

Appassimento sulla pianta

Con l’appassimento sulla pianta, le uve destinata alla realizzazione del vino passito vengono lasciate sulla pianta stessa. Il viticoltore, in questo caso, può scegliere fra diverse tecniche di appassimento. La più semplice prevede una semplice disidratazione, attraverso una vendemmia tardiva.

La seconda tecnica, addirittura, pare essere di origine greca e romana. Secondo questo metodo, si apporta una torsione al peduncolo del grappolo. Non consentendo più il passaggio dei nutrienti, inevitabilmente si induce il grappolo ad appassire. Una variante di questa tecnica, invece, prevede il taglio del tralcio della pianta. Il principio, comunque, è il medesimo.

Questo genere di appassimento dell’uva, comunque, nasconde delle insidie. Al fine di ottenere un appassimento soddisfacente, le uve dovranno rimane sulla pianta per un periodo che può andare dalle due alle quattro settimane. Durante questi giorni, il rischio che uccelli e altri animali danneggino le uve è elevatissimo.

Appassimento in fruttaio

L’appassimento in fruttaio, chiaramente, si può effettuare solamente dopo la vendemmia. Le uve raccolte destinate al passito possono essere disposte su appositi graticci oppure appese all’interno del fruttaio. Questo può essere aperto oppure chiuso, ma nel secondo caso si assisterà anche a un condizionamento dell’atmosfera interna. In genere, infatti, le uve saranno mantenute a una temperatura costante di circa 30 °C e un’umidità relativa del 60% circa.

Secondo alcuni, l’appassimento in fruttaio comporta sentori meno raffinati rispetto alla tecnica di appassimento sulla pianta. Tuttavia, trattandosi di una disidratazione al chiuso, questo impedisce che le uve possano risultare danneggiate dagli animali. Rischio che, come detto, è sempre presente durante l’appassimento sulla pianta.

Pigiatura, fermentazione e filtraggio del passito

Al termine dell’appassimento, le uve sono pronte per essere pigiate. Essendo ridotta la quantità di acqua presente in esse, questa operazione risulta più difficoltosa. Allo scopo, quindi, oggi si impiegano presse pneumatiche, che semplificano notevolmente il lavoro. Al mosto, quindi, si aggiungono fermenti selezionati che favoriscono questo processo, che può avere una durata variabile da 6 a 8 mesi. Questa fase è la più importante affinché il passito raggiunga un buon equilibrio. Successivamente, esso viene trasferito in botte di acciaio oppure in barriques per l’affinamento. Prima dell’imbottigliamento, il vino passito sarà anche sottoposto a una fase di filtraggio.

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