Era il 1984 quando Giulio Salvioni e la moglie Mirella decisero di far provare ad altri amici vignaioli un campione del loro vino, prodotto ancora artigianalmente, proveniente dall'ettaro e mezzo di cui disponevano. L'anno successivo iniziò la produzione vera e propria: il successo di quel primo campione si ripeté ancora e ancora, fino ai giorni nostri. Oggi gli ettari sono diventati quattro, per tre diversi appezzamenti, ciascuno con caratteristiche proprie, e piccole ma importanti differenze di suolo e microclima. Piccoli dettagli, forse, ma grandi vini destinati a sfidare il tempo. In vigna ogni operazione è portata avanti in modo tradizionale, adottando accorgimenti agronomici oculati e attenti, nel segno di quello che è il massimo equilibrio di ambiente, natura, ecosistema e biodiversità. La potatura è corta, per ottenere rese basse che variano dai 25 ai 35 quintali per ettaro, mentre durante la vendemmia, che è svolta rigorosamente a mano, si pratica una scrupolosa selezione delle uve. In cantina, la fermentazione alcolica è eseguita in cisterne di acciaio da quaranta ettolitri, situate nei locali moderni adiacenti ai vigneti, mentre dopo la svinatura, l’invecchiamento è svolto in botti di rovere di Slavonia da venti ettolitri, ospitate nella cantina storica nel centro di Montalcino.
Le ragioni che hanno reso celebre questo vino si possono ritrovare nel microclima, unico e ideale, quasi mistico ove sorgono i vigneti aziendali. Oppure nelle bassissime rese, appena 40 quintali al massimo per ettaro. O ancora nella tecnica di produzione: l'attenzione quasi maniacale che si pone a ciascun grappolo o la vendemmia manuale.
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